Francesca Calzà
Scopri i talenti di T.O.E. Art Market attraverso una serie di interviste esclusive con gli artisti presenti sulla nostra piattaforma.
Esploriamo insieme le pratiche e le ricerche artistiche portate avanti dagli autori che arricchiscono la nostra comunità con le loro opere uniche. Ogni settimana, vi invitiamo a conoscere meglio le sfide, i linguaggi, i temi e le storie che si celano dietro i loro lavori per entrare a contatto con le menti creative che fanno di T.O.E. Art Market una vetrina vivace e dinamica.
Siamo qui in compagnia di Federica Poletti. Iniziamo subito con qualche domanda per conoscerla meglio!
Francesca Calzà - Puoi raccontarci un po’ del tuo percorso artistico? Come ti sei avvicinata all’arte?
Federica Poletti - Mi sono avvicinata all’arte in modo semplice e naturale. Fin da bambina, come unico interesse avevo dipingere o disegnare. Non ho mai desiderato avvicinarmi ad altro e quando è arrivato il momento di compiere una scelta, ho proseguito la mia naturale inclinazione intraprendendo studi artistici che si sono conclusi con la laurea in Pittura all’Accademia di Belle Arti di Bologna. Ho poi proseguito la mia formazione presso lo studio di un pittore affermato, che mi ha insegnato molto disciplinando il mio caos. Il mio percorso artistico è continuato portando avanti una ricerca pittorica personale per trovare la mia voce. Il mio, è un percorso piuttosto tradizionale.
Francesca Calzà - Quali sono stati gli incontri, i riferimenti culturali o i momenti che hanno avuto un forte impatto nello sviluppo della tua ricerca?
Federica Poletti - I primi riferimenti li ho trovati in Accademia e sono stati senza dubbio il mio professore di Anatomia Artistica, Davide Benati, e poi Walter Guadagnini che insegnava Storia dell’Arte. Durante gli anni di Accademia sicuramente si apprende la lettura dell’arte, la concettualità e non solo l’esecuzione. Poi, certo, ho sempre fatto ricerca e, ad oggi, credo che il lavoro di alcuni pittori come Michaël Borremans, Phil Hale, Justin Mortimer, Nicola Samori, Teodora Axente, mi abbiano influenzato parecchio. Concettualmente citerei anche Carol Rama, Louise Bourgeois, Gina Pane, Ana Mendieta e Kiki Smith, che sono riferimenti a cui penso, anche se forse sono meno evidenti nei miei lavori.
Francesca Calzà - Esistono delle costanti nel tuo lavoro? Cosa ti spinge ad indagare questi argomenti?
Federica Poletti - Esistono delle costanti nel mio lavoro, una certamente è lo sguardo. Mi inquietano gli occhi. Il corpo femminile che per me è un mistero costante. Le pulsioni e le paure più profonde ed inconsce mi affascinano e si ripetono senza soluzione di continuità nel mio lavoro.
Francesca Calzà - Come influiscono le tue radici culturali e le tue esperienze personali sulla tua pratica artistica? Puoi fornirci qualche esempio?
Federica Poletti - Le mie radici culturali probabilmente influenzeranno le prossime mostre… Ho in mente di sviluppare un tema che è molto vicino al sottobosco culturale dell’Emilia. Per quanto riguarda le mie esperienze personali sono certa che abbiano un forte peso sulla mia produzione artistica, anche se sul momento non saprei identificare un ricordo in particolare del mio passato. Ho rimosso molto e credo che attraverso il linguaggio pittorico io stia sublimando il mio vissuto personale.
Francesca Calzà - Puoi condividere con noi qualche particolare del tuo processo creativo?
Federica Poletti - Una particolarità del mio percorso creativo è che c’è moltissimo caos, che la mia pittura si muove sempre in modo istintivo e casuale e non ho mai bene in mente quello che sarà l’opera finale. È come una lotta che, ad un certo punto, termina, ma potrebbe continuare all’infinito. La mia pittura ed il mio processo creativo hanno molto da raccontare a me per prima.
Francesca Calzà - Come nasce un’opera, parti sempre da un’idea predefinita?
Federica Poletti - La genesi di un’opera per me è un completo enigma e non ho idea del processo, non so da dove scaturiscano le immagini, perché ho in mente un volto piuttosto che un fiore o perché io dialoghi solo con la pittura ad olio e il disegno discostandomi, se non di pochissimo, dalle altre tecniche. Direi che è un mistero. Per me per prima. In questo c’è anche tanta sublimazione e tante domande, che mi tengono in costante attenzione verso la mia opera artistica. Temo molto le risposte, preferisco avere dubbi.
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